La moda dovrebbe accogliere la bellezza di tutti. Invece molto spesso non è così. Fatta per
celebrare, divertire, unire, la moda è anche capace di escludere, attaccare e offendere.
Taglia troppo grande, taglia troppo piccola. Seno enorme, culo grosso… Esempi del lato oscuro del
linguaggio della moda. Guardando le sfilate, una persona estranea al settore vede solo lo splendido
risultato finale. Ma questo “splendore” viene visto anche da un pubblico fragile e delicato – quello
dei giovani. Metto la parola splendore tra virgolette perché al giorno d’oggi questo fragile pubblico
vede solo la parte della finta perfezione inesistente. Perché la realtà è che nessuna modella o
modello è perfetto, come tutto in questa vita. Paragonandosi però con la falsità affascinante
dell’immagine social per un teenager è molto facile dirsi “non sono abbastanza”. Il body shaming è
uno dei problemi più grandi della generazione Z. E la colpa ce l’hanno tante cose.
Come i giornali di moda. La massa di quelli che proclamano body positivity a pagina due, e nella
pagina dopo ti offrono “i tre miglior modi per dimagrire in fretta”. Qualcosa che potrebbe sembrare
privo di importanza, ma nel tempo porta alla sindrome dello specchio stregato – disturbo per cui una
persona ritiene una parte di sé disgustosa, che si accompagna a rabbia e depressione. O bigorexia –
condizione di salute che può farti pensare costantemente alla costruzione muscolare del tuo corpo,
comune negli uomini.
Come Internet. Dove quasi tutto è retouched e la realtà praticamente non esiste.
Come le pubblicità. Perché sono rarissimi i casi dove la donna viene presentata con tutte le sue imperfezioni, cioè con tutte le sue bellezze.
Dove il corpo diventa testimone dell’amore. Dove ogni corpo è sexy, è attraente. Dove il corpo vive.
Vive senza stereotipi e giudizi, come dev’essere.
Dobbiamo abituarci a vedere la realtà. Dobbiamo far crescere le generazioni successive col pensiero
che il corpo va accettato e ammirato. Non negato e odiato.
Ogni mattina, allo specchio, dobbiamo sorridere e dirci “sono unico/a e mi amo così“.
Tedunche